Urgente il marchio
“doc” a tutela dell’artigianato
Di Vincenzo Marini
La recente vicenda riguardante le contraffazione di alcuni
oggetti dell’artigianato sardo, con particolare riferimento alle << fedi
>>, così come è stata impostata, non contribuisce a portare chiarezza nel
mondo dell’imprenditoria artigiana e si limita a sfiorare il vero nocciolo
della questione. Intanto i dati forniti dal presidente degli orafi italiani Galdino Saba
appaiono gonfiati, per quanto riguarda la Sardegna.
Se fosse vero che, nella lavorazione delle fedi, operano 500
aziende con 2000 addetti per un fatturato annuo di mille miliardi, se ne
dovrebbe dedurre che ciascuna azienda ha un volume di affari di circa 200
milioni all’anno. Un dato del genere non corrisponde assolutamente alla realtà,
non solo dal punto di vista delle cifre.
Chi opera nel settore, sa benissimo che, nell’isola, le fedi
vengono prodotte da non più di una quindicina di aziende, i cui fatturati sono
ben lontani da quelli indicati dal presidente nazionale della categoria. Anzi,
il lavoro di molti artigiani viene << arrotondato >>, e di molto,
con le riparazioni, lavoro dignitosissimo, ma del tutto diverso
dall’artigianato inteso come creazione originale di produzioni legate in modo
diretto ed indiretto alla tradizione sarda. Insomma l’impressione è che si sia
sollevato un polverone.
E non è che la difesa delle fedi sarde possa essere affidata
ad improbabili richiami storici all’origine. La lavorazione della filigrana da
parte della tradizione orientale, e ai popoli di quell’area si deve la
diffusione di quei prodotti nel resto del mondo. Su numerosissimi esemplari,
come quelli esposti al Museo Etnografico di Roma, risalenti ad epoche molto
antiche, c’è addirittura il timbro del regno di Napoli!
Con queste considerazioni, degli artigiani sardi che
producono le fedi, si può sostenere piuttosto una tesi. Oggi non esistono
nicchie di mercato che possano essere considerate al riparo della concorrenza,
i cui confini si sono sempre più allargati. Quindi anche nell’artigianato è
necessario essere competitivi, secondo una massima che appartiene a Benvenuto
Cellini << si prova a fare meglio, agendo in profondità >>, che
oggi è estremamente attuale.
Cioè, è indispensabile che il nostro artigianato orafo passi
da laboratorio di riciclaggio degli oggetti della tradizione a vera e propria
industria, che con la tradizione conserva stretti e profondi legami, ed anzi li
esalta in una << rilettura >> dei suoi contenuti originari, più
adatta alle esigenze del mercato, e soprattutto, davvero al riparo di ogni
tentativo di contraffazione od imitazione.
In questa ottica, anche il richiamo alla tutela del marchio,
da parte della Regione, assume ben diverso significato. Il marchio deve
Garantire la qualità del prodotto, non la sua rispondenza ad indicazioni
verticistiche, e spesso inquinate da una certa politica deteriore, che
finiscono per affossare le capacità, le intuizioni e le energie dei nostri
artigiani, specialmente dei giovani.
Occorre insomma una riforma complessiva del settore,
ripensando completamente il ruolo e la funzione dell’Isola, intervenendo sul
delicato settore della formazione professionale, incentivando l’associazionismo
e la cooperazione, restituendo alla scuola la centralità che prima possedeva,
favorendo l’aggiornamento degli artigiani, l’innovazione tecnologica e la
ricerca scientifica.
Insomma, l’artigianato sardo, specie quello orafo, non può
esser considerato più un’isola felice dove ci si può accontentare di collocare
su un mercato sempre più ristretto, e sempre più competitivo, i soliti
oggettini, pur pregevoli, per turisti.
Anche perché, ricordiamoci che in Asia ed in altre aree
sottosviluppate del mondo, non si producono soltanto fedi sarde, ma anche capi
di abbigliamenti ed attrezzature sportive, tanto per fare qualche esempio. E
questi settori produttivi hanno risposto a queste sfide con contromisure
efficaci e vincenti. Cosa che può fare benissimo anche la Sardegna.
In conclusione, difendendo ad oltranza ed in modo unilaterale
le fedi sarde, stiamo affossando quanto c’è di nuovo ed importante nel nostro
artigianato orafo. Alla fine, questo è certo, non ci sarà nessun vincitore.
Vincenzo Marini
(Articolo pubblicato da "La Nuova Sardegna" in
data Lunedì 1 Marzo 1993)
Fantastico. Mi è piaciuto il tuo post ed è condiviso ai miei social Networks!
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