giovedì 25 aprile 2013

Urgente il marchio “doc” a tutela dell’artigianato



Urgente il marchio “doc” a tutela dell’artigianato


Di Vincenzo Marini


La recente vicenda riguardante le contraffazione di alcuni oggetti dell’artigianato sardo, con particolare riferimento alle << fedi >>, così come è stata impostata, non contribuisce a portare chiarezza nel mondo dell’imprenditoria artigiana e si limita a sfiorare il vero nocciolo della questione. Intanto i dati forniti dal presidente degli orafi italiani Galdino Saba appaiono gonfiati, per quanto riguarda la Sardegna.

Se fosse vero che, nella lavorazione delle fedi, operano 500 aziende con 2000 addetti per un fatturato annuo di mille miliardi, se ne dovrebbe dedurre che ciascuna azienda ha un volume di affari di circa 200 milioni all’anno. Un dato del genere non corrisponde assolutamente alla realtà, non solo dal punto di vista delle cifre.

Chi opera nel settore, sa benissimo che, nell’isola, le fedi vengono prodotte da non più di una quindicina di aziende, i cui fatturati sono ben lontani da quelli indicati dal presidente nazionale della categoria. Anzi, il lavoro di molti artigiani viene << arrotondato >>, e di molto, con le riparazioni, lavoro dignitosissimo, ma del tutto diverso dall’artigianato inteso come creazione originale di produzioni legate in modo diretto ed indiretto alla tradizione sarda. Insomma l’impressione è che si sia sollevato un polverone.

E non è che la difesa delle fedi sarde possa essere affidata ad improbabili richiami storici all’origine. La lavorazione della filigrana da parte della tradizione orientale, e ai popoli di quell’area si deve la diffusione di quei prodotti nel resto del mondo. Su numerosissimi esemplari, come quelli esposti al Museo Etnografico di Roma, risalenti ad epoche molto antiche, c’è addirittura il timbro del regno di Napoli!

Con queste considerazioni, degli artigiani sardi che producono le fedi, si può sostenere piuttosto una tesi. Oggi non esistono nicchie di mercato che possano essere considerate al riparo della concorrenza, i cui confini si sono sempre più allargati. Quindi anche nell’artigianato è necessario essere competitivi, secondo una massima che appartiene a Benvenuto Cellini << si prova a fare meglio, agendo in profondità >>, che oggi è estremamente attuale.

Cioè, è indispensabile che il nostro artigianato orafo passi da laboratorio di riciclaggio degli oggetti della tradizione a vera e propria industria, che con la tradizione conserva stretti e profondi legami, ed anzi li esalta in una << rilettura >> dei suoi contenuti originari, più adatta alle esigenze del mercato, e soprattutto, davvero al riparo di ogni tentativo di contraffazione od imitazione.

In questa ottica, anche il richiamo alla tutela del marchio, da parte della Regione, assume ben diverso significato. Il marchio deve Garantire la qualità del prodotto, non la sua rispondenza ad indicazioni verticistiche, e spesso inquinate da una certa politica deteriore, che finiscono per affossare le capacità, le intuizioni e le energie dei nostri artigiani, specialmente dei giovani.

Occorre insomma una riforma complessiva del settore, ripensando completamente il ruolo e la funzione dell’Isola, intervenendo sul delicato settore della formazione professionale, incentivando l’associazionismo e la cooperazione, restituendo alla scuola la centralità che prima possedeva, favorendo l’aggiornamento degli artigiani, l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica.

Insomma, l’artigianato sardo, specie quello orafo, non può esser considerato più un’isola felice dove ci si può accontentare di collocare su un mercato sempre più ristretto, e sempre più competitivo, i soliti oggettini, pur pregevoli, per turisti.

Anche perché, ricordiamoci che in Asia ed in altre aree sottosviluppate del mondo, non si producono soltanto fedi sarde, ma anche capi di abbigliamenti ed attrezzature sportive, tanto per fare qualche esempio. E questi settori produttivi hanno risposto a queste sfide con contromisure efficaci e vincenti. Cosa che può fare benissimo anche la Sardegna.

In conclusione, difendendo ad oltranza ed in modo unilaterale le fedi sarde, stiamo affossando quanto c’è di nuovo ed importante nel nostro artigianato orafo. Alla fine, questo è certo, non ci sarà nessun vincitore. 
Vincenzo Marini

(Articolo pubblicato da "La Nuova Sardegna" in data Lunedì 1 Marzo 1993)

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